Il Culto delle Metropoli ~ Lindagine.it
un viandante si avventura per le vie dei tropici.
Lungo il cammino, da un camino su un’altura,
tra culti e coltura, scorge attonito antichi popoli.
Oh tribù, perché il vostro moto non ha motore?
Io posso insegnarvi la cultura delle metropoli.
Imparerete a viaggiare senza più giare né carovane per ore,
ma badate alla manutenzione o sarà tensione tra i vostri popoli.
Così la tribù si trasforma, prende forma il nuovo culto,
ma il lusso non tramanda l’orma, rispetta la norma solo per un lustro.
In fondo, sai che certi aspetti li comprendi solo se aspetti.
Così al primo urto, svanì il progresso e fu rivolta.
Adesso il popolo è in lotta per abolire il nuovo culto.
Ma se sai che ogni meta è una metà che si colma orma dopo orma,
ricorda che c’è sempre un debito che si sconta dietro ogni debutto.
CHIAVI DI LETTURA:
- Perché culto delle metropoli?
Lindagine del mese di agosto si ispira al “Discorso agli studenti milanesi di Piero Calamandrei (1955)”, noto politico, avvocato e accademico italiano della scena novecentesca.
Nell’opera testé citata, il famoso giurista sottolinea ed esalta l’importanza della carta costituzionale italiana esortando i suoi studenti a considerarla “non già una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé […], ma una macchina che affinché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, pena il suo essere mera carta che se si lascia cadere, non tutela, non si muove”.
La poesia del mese riprende testualmente e fedelmente tale metafora, e la sviluppa a mo' di storia, narrando la figura di un viandante che esporta la sua "cultura delle metropoli", o meglio il cd. Großstadt Pathos, letteralmente "passione delle metropoli". Tale espressione si riferisce, nella poesia odierna, proprio alla vettura del protagonista e, metaforicamente, alla costituzione del suo paese di origine, che, adesso, tramandata agli "antichi popoli scorti", ne migliora la condizione. Tuttavia, il viandante mette in allerta gli stessi dai "debiti di un simile debutto", dalla necessità di "manutenzione", dal non considerare mai il loro traguardo come raggiunto o definitivo, sapendo come spesso l'agio, l'ego e l'amnesia dei perché di un determinato processo, evoluzione e principi, possono facilmente portare a nuove derive. Si pensi, nel più estremo dei casi, alle derive di tipo totalitario del secondo novecento. Ecco che "la meta non è che una metà che si colma orma dopo orma" e va coltivata e tramandata generazione dopo generazione, "lustro dopo lustro".
Ne Lindagine odierna, dunque, "il culto delle metropoli" non è da intendere con accezione negativa, contrariamente a quanto usualmente dettano i nostri costrutti sociali. Anzi, seppur da una prospettiva insolita, sembra essere proprio tale espressione "meccanica", paradossalmente, a rappresentare quell'ineludibile invito e richiamo all'umanità. Richiamo che ci ricorda come la cd "seconda natura", che costruiamo con tanta dedizione, metodo e fatica, non avrà mai vita a sè e non potrà mai sostituire in toto l'umano, in quanto per esistere necessiterà sempre di costante "manutenzione", fatta di "impegno, spirito, volontà di mantenere le promesse, la propria responsabilità, umanità e principi costituzionali" che son i principali elementi che possono tutelarci dalla ruggine dei motori da noi stessi costruiti".
Molto profonda ed umanamente appassionata. Complimenti, Linda
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