Alta Tensione ~ Lindagine.it
sa che ogni domìnio è un dòmino in bilico.
Su di una vela, svela e vela ciò che cela,
sa che si cela una tentazione dietro ogni tentativo.
“S’indìca riunione? Ma chi ìndica la direzione?
Se per ogni complice c’è una complicazione,
Voi della legione: Perché obbedite all’ordine costituito?
Badate a ciò che dico! Liberatemi dalla prigione!
Non affidate ad un capo la spartizione di un premio non garantito.
Avrà il comando chi alla “terra del fango” giungerà prima del mio arrivo!".
Così la legione irrazionalmente accetta l’invito.
“In preda” all’ambizione, intraprese il cammino,
aprì la gabbia, lasciò la postazione.
Ma Tu Gentil Lettore adesso: "A chi ti rivolgi in una rivolta, in una rivoluzione?
Sai che si può perdere l’obiettivo se animati dall’obiezione, dall’emozione?".
Così ora la preda scappa, mentre la guerra divampa, ma tra ogni predatore.
©️Testo coperto da copyright ©️Testo ad opera di Linda Cianci
©️ Chiavi di Lettura:
1. Potere alla Parola:
Come
ormai ribadito a più riprese e sin dall'origine, anche con il brano "Alta
Tensione", Lindagine sostiene ostinatamente la funzione rivelatrice della
parola, quale portatrice di verità. Magari, non una verità assoluta, ma
sicuramente fondatrice, in quanto ontologica. In quanto, cioè, crea,
ontologicamente, dei legami tra due o più parole, apparentemente tra loro
sconnesse, rivelandone, in parte, uno scorcio di quella realtà/verità che
altrimenti rimarrebbe totalmente velata, quasi come dietro un velo, appunto. (Del
resto "Nomina sunt consequentia rerum" e, volendo
ancor più forzare il concetto, prendendo in prestito la lingua inglese, già
nello “spelling” di una parola tale potere può rinvenirsi. Non si crede sia un
caso, infatti, che la parola “spelling” derivi dal verbo “to spell”,
traducibile non solo come grafia/scrittura/fare lo spelling, ma anche come
“incantesimo” […]).
Nonostante
tale facoltà, tuttavia, anche la parola incontra un suo limite nella ricerca
assoluta della verità e realtà [...]. Tale limite non è però
insormontabile [...]. C'è una possibilità di comprendere a pieno
la realtà che ci circonda in maniera "sensibile/tangibile"
e "razionale" [...] Semplicemente bisogna comprendere e saper
utilizzare i giusti strumenti - "terzi" e non- in base al
"livello" in cui ci si ritrova. Ma ciò è frutto di un'ulteriore
Lindagine che si affronterà dettagliatamente a suo tempo. Non si rivela dunque
l’elemento chiave, un po' come la preda che all’inizio del brano “su di una
vela, svela e vela ciò che cela”.
Qui, ad ogni modo, è
doveroso sottolineare e anticipare tale tematica in quanto, ritornando al testo
del mese, i giochi di parole riportati alludono, qui più che mai, alla
logica/tentativo di ragionamento, o meglio convinzione, testè descritta. Si
notino a tal riguardo le coppie: "Domino/Dominio";
"Complice/Complicazione"; "Tentativo/Tentazione" [...].
2. Cosa non può il potere? Parte 1
Sulla scia della
tematica del mese precedente, si “conclude” Lindagine
sul Potere, analizzandone - se così è possibile definirlo - il suo
tallone d’Achille: l'incertezza. Ciò, in
contrapposizione a Lindagine "L'ora più buia" in cui è stato indagato
il punto di forza dello stesso: il movimento.
Partendo dai versi: “Sai che ogni dominio è un domino in bilico. "Sai che si può perdere l’obiettivo se animati dall’obiezione, dall’emozione?", non a caso l'uno all'inizio, l'altro a conclusione del sonetto caudato del mese, Lindagine cerca di rispondere alla domanda auto-posta: "Cosa non può il potere?".
Il potere non può
eliminare, perché semplicemente inibisce, ma non elimina, le
pulsioni/passioni umane, che portano ontologicamente con e in sé il carattere
dell’incertezza, trasferendolo al potere . Ecco che “[…] ogni dominio è un
domino in bilico”. Ecco che “si può perdere l’obiettivo se animati dall’obiezione,
dall’emozione”. Può,
tuttavia, il potere, organizzarle e
canalizzarle a proprio favore o meno, così come avviene per l'uso legittimo
della forza in uno Stato. Ma questo non significa aver cicatrizzato la ferita
del tallone d'Achille del potere: l'incertezza. L'astuzia della preda del brano
ne dà piena dimostrazione e si spiegherà a breve perché. (v. punto 2.1) Questo,
tuttavia, è un fenomeno che presuppone un'analisi soggettiva del potere e non
oggettiva. L'incertezza del potere, dunque il suo punto debole, dunque “cosa
non può”, è rinvenibile, pertanto, solo all'interno di tale perimetro
d'indagine. Ecco un sintetico cenno di ambedue gli aspetti.
--> Dal punto di vista oggettivo, brevemente, il potere è assoluto in sé,
sempre certo. (certo e assoluto prendiamoli qui come sinonimi). Questo è il
suo carattere oggettivamente intrinseco. E' di conseguenza sciolto
da qualsiasi vincolo e non incontra alcun tipo di ostacolo che lo arresti.
Tuttavia, considerare il potere solo oggettivamente sarebbe solo un puro
ragionamento fine a se stesso, che magari legittimerebbe una serie di fenomeni
soprattutto giuridici, ma non consentirebbe il suo e loro mantenimento,
in quanto si ignorerebbero i pericoli che esso stesso pone nel tempo. Esplicativo
a tal riguardo è il verso del brano "S'indica riunione (elemento
oggettivo che presuppone sempre un gruppo di soggetti, chiunque essi siano, ciò
non farà la differenza), ma chi indica la direzione? (elemento
soggettivo che dà senso e "motore" all'azione di indire una riunione,
ma si noti che il "chi" può essere sempre
cangiante).
Il potere infatti
è assoluto in sé, ma non è "assoluto" chi -
soggettivamente- lo esercita. La disobbedienza civile ne è un chiaro esempio;
come ne è esempio, del resto, la legione de Lindagine del mese che "irrazionalmente
accetta l’invito [...] aprì la gabbia, lasciò la postazione" a causa
dell’esser “in preda all’ambizione”. Ma non solo.
Il potere è assoluto
nella sua azione e "territorio", ma non è assoluto nel tempo. Il
tempo, infatti, appartiene agli esseri umani ( a dimostrazione di ciò il
"potere" che hanno gli stati di modificarlo a proprio piacimento
tramite "l'ora legale e "l'ora solare") che non altro
rappresentano lo strumento di applicazione "soggettivo" del potere.
Ma il tempo con i suoi effetti, non solo in relazione al potere, saranno
un'altra Lindagine ancora.
Qui si preme solo sottolineare come l'oggettività del potere si pensi sia l'assolutezza, [qui sinonimo di certezza per il potere, ma, al tempo stesso, di incertezza per i soggetti destinatari del suo esercizio (v. punto 2.1)], che trascende dunque gli individui ed è poi ciò che indiscutibilmente pone e fa rispettare le norme di un ordinamento, tuttavia non è in grado di mantenerlo nel tempo e di mantenere esso stesso. In altri termini, garantire non è sinonimo di mantenere; e, analizzare un elemento scientificamente, non è ciò che garantisce ai problemi, che eventualmente da esso scaturiscono, una soluzione. L'analisi oggettiva, difatti, è meramente fine a se stessa . E, seppur essa sia "utile" e fondamentale da un punto di vista dottrinale, non è, tuttavia, ciò che garantirebbe effettivamente il mantenimento e "buon andamento" della nostra struttura societaria - sovente precaria non a caso, come ben “osserva la preda” - perché non terrebbe conto, in questo caso, dell'elemento soggettivamente essenziale del potere, che poi è quello che ne permette la manifestazione immanente ed effettivo esercizio dello stesso ,che è proprio il carattere umano nella sua incertezza. […] Sarebbe come parlare di un’entità astratta, inesistente, o meglio, per richiamare una vecchia Lindagine ( “Immagi-Nazione”, mutata poi in canzone “Ad Astra”) sarebbero come “diritti su carta, ma nessuno che legge”. Ecco che, nel concreto, a nulla gioverebbe un mero studio oggettivo, se non in sé.
Si specifichi, poi, e metta in risalto l’espressione su detta “nella sua incertezza”, in quanto, in realtà, anche la natura umana si pensa sia declinabile in natura soggettiva (pulsioni/passioni da cui derivano sia il punto debole del potere ma a sua volta e al contempo si permette anche il suo punto di forza […]); e natura oggettiva (considerando l’essere umano solo come corpo e entità). Se ci si pensa, ciò richiama la dualità, seppur lì con riferimento alla legge, de “L’inchiostro dell’istinto” ne Lindagine L’ora più buia. Difatti, definirla "certa" nel suo "inchiostro" e "incerta" nell'istinto" è sempre un richiamo all'essere umano. Esso costituisce, anche in questo caso, pena l'inesistenza effettiva dello stesso, il motore dell'interna macchina del diritto, che, qualora – anche tale elemento- si volesse analizzare oggettivamente, si dovrebbe comunque considerare proprio partendo da tale presupposto (il carattere umano) seppur, solo nella sua natura oggettiva. Cioè considerandolo solo come corpo che occupa uno spazio e pone in essere azioni, indipendentemente da qualsiasi fattore o qualifica. Per intendersi meglio, si rinvia all’esempio più pratico e concreto, cui sopra, che parafrasa il verso de Lindagine del mese: “Si indica riunione, ma chi indica la direzione[…]. Tuttavia, circa tale approccio d’analisi, per i motivi che si diranno a breve, Lindagine condivide ed è più propensa a sostenere il pensiero/opinione di un illustre scrittore, il quale invece sostiene: « […] Siamo nell’epoca del terzo cavallo, e del cavaliere che ha in mano la bilancia, perché nel nostro secolo tutto è bilancia e contratto, e tutti quanti non fanno che cercare il loro diritto […] Ma in forza del solo diritto non conserveranno niente» . (Fëdor Dostoevskij, L’idiota).
--> Dal punto di vista soggettivo: Per indagare il potere soggettivamente, si parta da
una semplice domanda: Cos'è il potere senza nessuno
che lo eserciti, ma soprattutto senza nessuno a favore o contro il quale
esercitarlo? Nulla. Mera speculazione di una "potenza" destinata a
non mutare mai in “atto”. Disponendo di un esempio più pratico, si potrebbe
dire che ciò equivarrebbe quasi a comprare una macchina ma senza ruote o motore
- o meglio ancora- a disporre di un telefono perfettamente utilizzabile, ma
senza batterie e/o alimentatore. Si “ha”, ma non si “mantiene”. E’ il “chi”, dunque,
l’elemento essenziale di quest’analisi.
Al netto di tale
risposta, il potere diventa così il nostro "soggetto passivo"
d’indagine - detto impropriamente- che necessita ai fini della sua
applicazione di uno "strumento", un cd "complemento
d'agente": semplicemente l'essere umano ( il vero soggetto in questione, senza
cui il potere non spiegherebbe i suoi effetti e non esisterebbe. Il carattere
umano, infatti, è ciò che rende immanente il fenomeno del potere). Tuttavia, l’essere
è ontologicamente incerto, analizzandolo dal punto di vista soggettivo, dunque
trasferisce questa sua incertezza anche al potere e lo rende sempre precario e
vulnerabile nei suoi effetti e nel suo esercizio. Ecco che ai fini del suo
mantenimento è fondamentale indagare anche questo aspetto, in quanto può essere
sfruttato, contrariamente a quanto si possa pensare, anche a proprio favore, per
sovvertire una dinamica di svantaggio, proprio come fa la preda de Lindagine
del mese, che “su di un vela, svela e vela ciò che cela”[…]. (v. punto 2.1). Del resto, se ci si pensa, è
proprio il carattere dell’incertezza che stimola poi la necessità di movimento (v.
L’ora più buia), il quale tiene il passo e fronteggia il punto debole del
potere, creando e tendendo così ad un equilibrio tra i due elementi che ne
determina il mantenimento. Tuttavia, tale equilibrio deve essere conquistato e
mantenuto quotidianamente, pena la sua perdita, poiché anch’esso precario, come
bene “osserva la preda” che “sa che ogni dominio è un domino in
bilico” e riuscirà a sfruttare tale conoscenza/ “osservazione” a
proprio vantaggio, essendo capace di minare l’equilibrio de “l’ordine
costituito” tramite l’esca de “la terra del fango” (v. punto 2.1). Si rinvia qui, seppur forzatamente,
ad una vecchia Lindagine dal titolo “A
tempo determinato”. e "Lo scisma d'occidente").
A tal punto d’indagine,
sarebbe legittimo dibattere e domandarsi come sia mai possibile, se in
una società civile, in cui, per antonomasia, le nostre pulsioni/passioni umane
e l’incertezza sono, in un certo senso, inibite e arginate, che tale
carattere umano, da cui deriva l’incertezza, mini sì tanto il mantenimento
effettivo del potere. Semplicemente, ciò è possibile e avviene in virtù del
fatto che il potere può solo inibire, ma non eliminare le
pulsioni/passioni umane, dunque non può eliminare totalmente, nemmeno, il loro
carattere di incertezza che verrà inevitabilmente trasferito al potere stesso e
ne costituirà elemento essenziale. La sfera passionale e d’incertezza
entrano, pertanto, solo in uno stato di quiescenza nella società civile, che
tuttavia non può ignorarsi. Esse rimangono e continuano ad albergare nell’animo
di ciascun individuo. Nulla di nuovo, del resto. Non a caso, seppur si riprenda
impropriamente, un illustre scrittore sostenne proprio che “chiunque voglia
o debba governare debba scrutare non l’uno o l’altro cuore, ma deve decifrare
l’alfabeto del cuore umano”. L’essere
in sé dunque, che, anche secondo Lindagine, è lo strumento d’interpretazione/
presupposto assoluto da cui partire per comprendere a fondo e “ontologicamente”
qualsiasi elemento e fenomeno, almeno giuridico-sociale.
Sinteticamente, dunque: il
carattere umano, analizzato nella sua soggettività, rappresenta il presupposto/
strumento d’indagine per analizzare il tallone d'Achille del potere:
l’incertezza. Ciò in quanto, essendo l’essere ontologicamente incerto, trasmette
al potere, analizzato anch’esso soggettivamente, tale carattere. Se si
comprende ciò, può arginarsi, ma non
eliminarsi il pericolo dell’incertezza dello stesso, (anzi sfruttabile per
comprendere meglio la sua necessità di movimento[…]) ponendo almeno un freno, o
meglio limitando, cosa effettivamente il potere non può: eliminare le pulsioni
umane, perché può solo inibirle; così da tendere ad un più duraturo
mantenimento dell’esercizio del potere e garantire effettivamente,
nel tempo (non a caso elemento “soggettivo”), un "buon andamento/equilibrio"
della nostra struttura societaria. Ecco che "Ogni dominio è un domino in bilico" e, qualora non si fosse ben
consapevoli di tale aspetto, si può facilmente “perdere l’obiettivo se
animati dall’obiezione, dall’emozione” di chi invece comprende e
veicola a proprio favore tale dinamica, proprio come fa la preda del brano con
il fine di “liberarsi dalla sua prigione”, sebbene fosse stata prima sconfitta.
(v. punto 2.1).
2.1 Cosa non può il
potere? Parte 2
Alla luce di questa
premessa, analizziamo, concretamente, con il brano de Lindagine del mese, il
carattere dell’incertezza, disponendo così di un esempio più pratico. Nello
specifico, si indaghi circa il come e il
perché la protagonista del brano - la preda - dalla grafica rappresentata, non
a caso, dalla volpe proprio per la sua astuzia - riesce a scappare dalla sua
prigione e sovvertire le dinamiche di potere, sebbene fosse prima stata
sconfitta, come testimoniano i “resi di resa”. Resi sta qui per discorso.
Ciò che fa la
preda- non in balia del terrore dell'esser stata catturata e della pena a
cui sarà condannata, in quanto "Osserva e Sa che ogni dominio è un
domino in bilico"- è spostare il conflitto da esterno (su di sé),
che presuppone uno schema logico (battaglia, sconfitta, condanna rispettando l’ordine
costituito e il premio secondo le regole di spartizione della legione), a
interno (prima tra i soldati contro il capo legione e in seguito tra i
membri della legione stessa), mirando a “rianimare gli animi” della legione e
accecare loro con la falsa garanzia di una speranza non solo di
una spartizione migliore, ma anche di un grado di comando superiore, se non “assoluto”.
Un po' ciò che avviene in periodo elettorale e non solo, ma in altri termini.
Con tale astuzia,
garantisce a se stessa una via di fuga, senza effettiva lotta (persa
antecedentemente), in quanto, banalmente, risvegliando negli animi dei suoi
rivali proprio quella bramosia di potere e scagliando loro gli uni contro gli
altri, (come direbbe qualcuno più illustre "fino all'olocausto di se
stessi"), riesce a metterli in discussione tramite la sua
orazione, facendoli dubitare al punto tale da far accettare loro "irrazionalmente"
l'invito a gareggiare per "giunger per primi alla "Terra del Fango",
al fine di attribuire la decisione della sua condanna, la spartizione del “premio”
e l'eventuale comando in maniera “più equa” e non in virtù di “un'obbedienza
cieca all'ordine stabilito”. Sinteticamente e banalmente, dunque, riesce così
a metterli gli uni contro gli altri e non più contro sé, facendo loro “irrazionalmente
[…]perdere l’obiettivo” prospettando e facendoli immaginare/sperare tutti i
possibili benefici della “terra del fango”.
- "Irrazionalmente" perché la gara presupponeva anche la
preda come partecipante, dunque la sua liberazione, che a sua volta non
garantiva il suo effettivo gareggiare, la sua condanna e poi spartizione, ma
garantiva la sola speranza di tendere ad essa in
proporzioni maggiori . La speranza comporta dunque uno stato di
incertezza futura, ma positiva (per chi nella dinamica di svantaggio come la
preda), che riesce a minare “la certezza” dell’ordine della legione (destinato
a perdere non solo quel minimo di potere detenuto ma anche la preda). […].
- "La terra del Fango", invece, è
un'espressione/figura voluta e arbitraria per annunciare metaforicamente quanto
sarebbe poi accaduto tra la legione ed il capo, prima; tra i membri stessi
della legione, dopo. Il fango rappresenterebbe proprio la velleità cieca di
potere che appaga nell'istante della gara, ma distruggerà alla fine e nel
mentre della stessa, privando non solo i vincitori della loro ricompensa, ma
trasformandoli in vinti e inetti a ricostruire un nuovo ordine. Ecco che "[...] Così ora la
preda scappa, mentre la guerra divampa, ma tra ogni predatore".
Tutto ciò è stato
possibile proprio grazie al fatto che le passioni e pulsioni umane possono
essere solo inibite, ma non eliminate totalmente. Dunque, indagando più a
fondo, ciò è stato possibile semplicemente perché si è saputo abilmente sfruttare
e alimentare negli animi dei propri avversari il desiderio di speranza seppur
irrazionale, di un futuro migliore, risvegliando la loro insoddisfazione per la
loro posizione, repressa dall’abitudine ma non eliminata (a tal proposito si rinvia
a Lindagine “L’arte dell’insoddisfazione”). Così facendo, la
preda riesce a mettere in discussione l'ontologica certezza oggettiva del
potere, facendo prevalere l'elemento soggettivo, che, essendo lo strumento principale
di esercizio dello stesso, riesce a "far perdere l'obiettivo" ai
suoi rivali riuscendo a traslare il conflitto da esterno a interno, senza
nemmeno combattere.
Com'è
stato possibile? Se ci si pensa, la natura dei due conflitti non diverge poi
più di tanto, anzi è una e sola e ripresenta sempre un medesimo schema: Un
nemico comune, insoddisfazione, speranza di un appagamento maggiore- in questo
caso di dominanza. Non a caso, anche qui possiamo parlare di livelli, come ne “
L’ora più buia”, in quanto la stessa guerra inevitabilmente continua, fino a
nuovo equilibrio, ma tra la legione e il
capo prima; tra la legione medesima, dopo. Quest’ultima, nel momento in cui ci si
rende conto, che per arrivar "prima del mio arrivo"( della
preda) alla "Terra del Fango", bisogna gareggiare non solo con
il proprio capo, ma anche con il proprio
compagno di legione, che diventerà inevitabilmente il nuovo rivale, sempre
perché ormai “irrazionalmente […] in preda all’ambizione” . Anche a tal riguardo, vi sarebbe molto più
da indagare, ma Lindagine del mese vuole solo delineare lo sfondo dei concetti proposti
e lasciare a chiunque legga un margine di libera interpretazione, convenendo o
meno, rispettando sempre lo spirito/finalità di ogni Lindagine.
3. Potere morale o
Immorale? Umano
Ci potrebbe essere, infine, chi, al
netto del ragionamento proposto con riguardo la dualità tra natura oggettiva e
soggettiva del potere, potrebbe benissimo dissentire ed obiettare circa la
natura morale o no dello stesso, ne “L’ora più buia” fermamente negata.
In effetti, considerando il potere solo alla luce della sua
oggettività, è obiettivo e condivisibile convenire che i suoi effetti
verterebbero più dall’ago della bilancia dell’immoralità che moralità, in
quanto esso non incontrerebbe alcun tipo di limite, poiché “assoluto” in senso
stretto. Tuttavia, si ricordi che gli effetti non appartengono alla sfera oggettiva
ma soggettiva del potere, in quanto è l’essere che rappresenta il cd. complemento
d’agente e soprattutto permette l’effettivo esercizio e realizzazione dello stesso. Oggettivamente, infatti, il
potere non esisterebbe in modo immanente; sarebbe solo un’entità astratta destinata
a restar “potenza”. Un mero nulla.
Dunque sinteticamente: presupponendo proprio l’inesistenza
sostanziale del potere oggettivo e
potendolo considerare, in questo caso, effettivamente e immanentemente, solo nella
sua soggettività: cioè il carattere umano, ontologicamente incerto e passionale,
che ne costituisce il motore/presupposto di fondo, è indubbio convenire che il
potere non possa considerarsi nè morale, nè immorale per due ragioni di fondo:
1.
Perché, oggettivamente, non esisterebbe
l’oggetto in questione nella realtà;
2.
Perché, soggettivamente, si
delineerebbe un giudizio basato sugli effetti ma non sul potere in sé. Il
potere, dal punto di vista soggettivo, infatti, si ripeta nuovamente, richiama il carattere
umano, che però, essendo ontologicamente incerto, non può definirsi apriori, in
sé. Categorizzarlo ( sia il potere che l’essere) eventualmente, significherebbe
già essere passati ad un livello successivo d’indagine, allontanandosi dalla domanda
originariamente posta che vuole appunto una risposta “in sé”[…] che però non
può avere se non la seguente:
Il potere è morale o immorale? E’ semplicemente umano.
https://hshmiblog.blogspot.com/2022/11/the-old-man-and-sea.html
RispondiEliminaHuge thanks for the suggestion! I fully agree with the novel you linked in your comment up above. Here, I report a quote that I believe it’s noteworthy: “ According to him, a man should fight against adversaries with dignity and with a certain code of conduct”. Even if, according to Lindagine’s poetry, this is still an effect of what power really is […].
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